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Pubblicato il: 11 Giugno 2022

Una giornata con i bimbi fuggiti dalla guerra

Il 30 aprile scorso, al Centro Terapeutico di Antoniano abbiamo organizzato una giornata di visite aperte ai bambini ucraini, per accoglierli e provare a dare loro l’attenzione e il supporto di cui hanno bisogno.

Le nostre professioniste, la dott.ssa Annarosa Colonna, neuropsichiatra infantile, e la dott.ssa Rosina Alessandroni, pediatra neonatologa, hanno visitato un gruppo di bambini e hanno notato che tutti vivono in un continuo stato di allerta. Anche se adesso sono lontani dalla guerra, hanno ancora paura dei rumori troppo forti e hanno difficoltà a concentrarsi.

Con questa giornata abbiamo provato a stare accanto a questi bimbi e alle loro famiglie, per non farli sentire soli. Se ciò è stato possibile è anche grazie all’aiuto di Nataliia, una ragazza ucraina fuggita dalla guerra che lavorava a Leopoli come educatrice. Nataliia parla molto bene l’italiano, quindi ha deciso di aiutarci, facendo da interprete. Questo ci ha permesso di comprendere davvero le paure e i bisogni dei bambini.

Ciò di cui hanno bisogno adesso è trovare uno spazio di gioco per lavorare sulle loro emozioni e riuscire a mandare via tutte le paure e le preoccupazioni.

Ecco l’intervista ad Annarosa Colonna, Neuropsichiatra infantile del Centro Terapeutico di Antoniano.

  • Quanti bambini avete visitato?

Io e la dott.ssa Rosina Alessandroni abbiamo avuto modo di visitare un gruppo di bimbi e bimbe arrivati qui da Leopoli e da Mykolaïv.

Tra loro c’erano due fratelli, un maschio e una femmina e un’altra bambina, Axenia, già seguiti in Ucraina da specialisti.

Axenia aveva già una diagnosi di ritardo cognitivo grave con comportamenti autistici. Tra i due fratellini invece, la femminuccia soffre di cefalea costante.

  • Che tipo di problematiche avete riscontrato?

Tutti e tre i bambini hanno manifestato problemi di comportamento dovuti all’esperienza che hanno vissuto. Hanno una disregolazione comportamentale che si può descrivere come un aumento dello stato di allerta.

Ad esempio, uno dei bambini è sempre collegato al telefono per sapere quando scattano gli allarmi e ci sono incursioni aeree in Ucraina.

Dopo aver lasciato il Paese ha continuato a frequentare le lezioni attraverso la didattica a distanza e ciò non lo aiuta a disconnettersi. Inoltre, suo papà è rimasto in Ucraina, quindi il bambino sta sempre attento a tutto ciò che succede. È come se ci fosse un continuo filo che lo attiva da un punto di vista di allerta. La mamma dice che il bambino corre sempre da lei per essere sicuro che tutto vada bene. Anche lei è sempre in allerta e spesso evitano anche di uscire di casa.

Ho anche notato che il bambino fatica a rimanere concentrato durante le attività di gioco.

La sorellina invece ha avuto un aumento della cefalea a causa della stanchezza e della continua preoccupazione. Rispetto al fratellino lei è un po’ più grande ed è riuscita ad attarsi un po’ meglio a questa situazione. Il fratellino invece cerca di stare sempre attaccato alla sua mamma.

Il suggerimento che ho potuto dare alla loro mamma è quello di aggiornarli su ciò che accade in Ucraina solo una volta al giorno, magari la sera, così da cercare di far diminuire il loro stato di allerta.

Axenia invece ha iniziato a manifestare anche disturbi del comportamento, ad esempio è molto più aggressiva del solito.

  • Quali sono le tue impressioni generali su questa giornata, cosa hai percepito?

Io credo che ci sia bisogno di uno spazio per aiutare questi bambini a ricontattare le loro emozioni e la loro esperienza in maniera giocosa e leggera. Hanno bisogno di aumentare la finestra di tolleranza, quindi essere meno reattivi, più calmi e più propositivi.

Ci piacerebbe molto riuscire a realizzare dei laboratori per loro pensati proprio in questi termini.

Sarebbe utile, ed esempio, un laboratorio di Arteterapia perché permette di incanalare l’aspetto emotivo in uno spazio grafico, materico. E sarebbe bello anche fare qualcosa per i genitori.

  • Che percorso dovrebbero fare adesso queste famiglie?

Hanno bisogno di essere seguite da qualcuno che con un occhio obiettivo li aiuti a vedere che i comportamenti possono essere modificati per stare meglio.

Hanno anche bisogno di capire che adattarsi a un nuovo Paese, a una nuova casa, non significa rassegnarsi a rimanere qui. Purtroppo fanno molta fatica ad adattarsi perché sperano sempre di poter presto tornare a casa. Lo speriamo tanto anche noi, ma intanto bisognerebbe prevedere per loro uno spazio di gioco che, attraverso canali espressivi, possano in qualche modo lavorare sul loro aspetto emotivo, sempre rispettando il loro desiderio di rientro.

 

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Zecchino D'Oro